Continua il nostro cammino attraverso il galateo e le tradizioni.
Abbandoniamo (ma solo per un poco) la questione dei cortei nuziali e addentriamoci tra i meandri di un’altra tradizione e di ciò che il galateo (ma direi in generale la pubblica decenza) detta al riguardo: LA GIARRETTIERA E IL SUO LANCIO.
Partiamo quindi dall’oggetto in sé e spieghiamo perché il suo utilizzo da necessario è divenuto semplicemente un costume.
La giarrettiera nasce intorno al 1200, adoperato tanto nell’abbigliamento maschile quanto in quello femminile questo accessorio di natura palesemente intima aveva la funzione di sostenere le calze, di fatto all’epoca nulla più era che dei comunissimi lacci. Sarà dal 1700 in poi che, questo accessorio, acquisirà lo status di accessorio “ricco”, in quanto la tendenza couture dell’epoca voleva che la giarrettiera venisse realizzata con i tessuti più pregiati e impreziosita da nastri, pizzi, perle , pietre preziose, ciondoli e a volte anche dai ritratti dei mariti (un collare con medaglietta da coscia, praticamente, e al riguardo non mi esprimo). L’avvento dei reggicalze e delle guepiere (parliamo della fine dell’ ‘800) segnerà il crepuscolo di questo indumento che però non si arrenderà alla propria fine e persisterà nella tradizione nuziale mantenendo unicamente un uso simbolico. Nonostante non abbia più come abbiamo visto una sua effettiva utilità, la giarrettiera si è trasformata i un accessorio ormai strettamente femminile e puramente decorativo, e nella tradizione nuziale persiste a soli due scopi: il primo è quello di consentire agilmente alla sposa, senza dover forzare tutta l’estetica dell’evento (fosse anche con un unico dettaglio) di indossare quel “qualcosa di blu” che scaramanzia chiede: decorata con un nastro di questo colore e nascosta dall’abito, fungerà al proprio scopo senza stravolgere la palette colori di chi non ha contemplato il blu tra le nouances delle nozze. Il secondo e ultimo scopo della giarrettiera è (dio ce ne salvi) quello legato alla tradizione del lancio.
La versione tradizionale vuole lo sposo a sfilare la giarettiera, di solito con i denti, accompagnato da un coro di incitamenti da parte dei suoi sollazzati amici, accovacciato sotto la gonna della sposa, nel bel mezzo della sala e lanciarla alla cieca ai propri ospiti celibi, disposti a semicerchio dietro di lui. La tradizione dice che il fortunato “acchiappatore” della giarrettiera abbandonerà entro l’anno lo stato di scapolo.
Insomma, come con il bouquet, pare che il matrimonio debba per forza essere “contagioso”.
Tornando al lancio della giarrettiera, possiamo senz’altro definire questa scena poco edificante, a dir niente, senza se e senza ma; eppure tutta questa sequela di scherzi, usi e battute a doppio senso di cui il lancio della giarrettiera fa parte ha sempre accompagnato il matrimonio, sin dai tempi più remoti. Il lancio della giarrettiera, con tutto il restante corredo di dubbio gusto, è uno degli eredi moderni di queste consuetudini vecchie come il cucco.
E da che esistono il galateo le condanna aspramente, bollandole come un’inqualificabile ostentazione di cattivo gusto e ineleganza.
E io non potrei essere più d’accordo: scherzi, battute e lanci di biancheria intima mi fanno, semplicemente, orrore.
Ma resta il fatto che il matrimonio sia il vostro, non il mio, e che le buone maniere e il mio parere abbiano una valenza limitata: viva la libertà!
Già mi vedo orde di simpaticissimi darmi della cattiva bacchettona: venite pure avanti, non vi temo affatto!